Sabato 07
settembre mi sono recato presso l’Azienda Agricola Porto di Mola. All'uscita del casello autostradale San Vittore, ho percorso circa 10 Km per giungere in azienda, attraversando
paesaggi incontaminati compresi tra i comuni di Rocca d’Evandro e Galluccio in
provincia di Caserta, ai piedi dei quali scorre il fiume Garigliano. Un angolo
di paradiso ai piedi del vulcano di Roccamonfina ricco di minerali quali augite,
diopside, leucite e sanidino.
Ad attenderci,
era presente, il titolare il Sig. Antimo Esposito. Con una stretta di mano il
ghiaccio era già rotto ed eccoci già a parlare della sua splendida realtà. Una
realtà fatta di duro lavoro ma sempre legato al rispetto della natura e
dell’areale.
L’azienda si estende
su 325 ha, di cui 40 coltivati a vigneto. Nell’area troviamo anche castagneti,
noceti, ettari seminativi, bosco e quattro laghi. Il nome aziendale deriva
dalla presenza, già al tempo dei romani,
all’interno della tenuta, di un ex porto
appunto il Porto di Mola che sfruttando il fiume Garigliano veniva utilizzato
per il commercio di vino e olio nella “Terra di Lavoro”.
La famiglia
Esposito ha antiche tradizioni vinicole risalenti al 1889, quando il nonno
dell’attuale proprietario “Zi Nicola” commercializzava vino sfuso. Successivamente il padre “Don Peppino”
proseguì il percorso vinicolo
acquistando, trasformando e vendendo uve. Successivamente, nel 1988,
acquistò una tenuta dove erano presenti principalmente vigneti di merlot e
sangiovese per circa 27 ha. Arriviamo al 1997 dove decise di attuare la
riconversione dei vigneti da tendoni a spalliera e la sostituzione degli
storici con Aglianico e Falanghina, dopo il riconoscimento delle zona di
Galluccio e Rocca d’Evandro a denominazione di origine controllata. Oggi i
vigneti sono presenti circa nelle percentuali rispettivamente del 65% e del
35%; tuttavia, le intenzioni dell’attuale proprietario sono quelle di limare le
quantità al 50%.
Nel 2001 vengono
avviati importanti investimenti come la realizzazione della nuova cantina che
permette all’azienda di raggiungere la quota di 100.000 bottiglie prodotte
divise in sei diverse etichette. Arriviamo ai giorni odierni dove grazie,
all’intervento dell’enologo Davide Biagiotti e a rigorose norme di potatura
nonché di raccolta e trasformazione delle uve naturalmente mantenendo sempre la
concezione aziendale di rispetto delle tradizioni e dell’incontaminazione
dell’ambiente, l’azienda porta la produzione ad attestarsi alle 250.000
bottiglie divise in ben 17 etichette differenti.
In degustazione
ho lasciato il passo della scelta ad Antimo che ci ha presentato tre splendidi
vini dai caratteri nettamente differenti.
Siamo partiti
con il Pietratonda annata 2012. Il vino prodotto in 4000 unità
dalle migliori uve falanghina del vigneto “la Contessa” ha mostrato immediatamente
una gran classe: paglierino vivace, naso pulito con sentori fruttati, floreali e
minerali conditi da un leggero ma presente sentore di crosta di pane; al gusto è
risultato davvero emozionante con una spiccata mineralità dovuta principalmente
alla ricchezza di minerali presenti nel territorio, note ferrose e ottima acidità.
Il tutto condito da un equilibrio armonioso.
Successivamente,
abbiamo avuto il piacere di degustare Acquamara
annata 2010 prodotto dal blend dei
vitigni greco, fiano e falanghina. Il vino deve il nome ad un antico corso
fluviale, ricco di ferro, che attraversa i vigneti. Il mosto derivante dalla
pigiatura dei tre vitigni viene fatto fermentare in botti di castagno da 500 l
rimanendo in affinamento sui lieviti per oltre 6 mesi, per poi essere lasciato
maturare in bottiglia per altri 5 mesi. E’ prodotto in 2000 unità. All’analisi visiva, si presenta paglierino con note dorate, all’olfatto presenta una
buona complessità con decisi sentori di frutta matura come albicocca e mela ma
anche un leggero sottofondo di vaniglia legato soprattutto all’affinamento in
legno. Al gusto presenta una buona morbidezza, struttura ed equilibrio, ma non
manca qualche perplessità legata alla persistenza sembra, infatti, terminare immediatamente.
Abbiamo concluso
la degustazione con il Peppì annata 2010 prodotto in 3300 unità che nasce
dalla volontà di Antimo di ricordare la figura del padre Giuseppe chiamato da
tutti Peppì purtroppo scomparso. Le uve provengono dai vigneti più vecchi
dell’azienda. Troviamo in gran parte aglianico con l’utilizzo di alcuni vitigni
minori autoctoni. La fermentazione avviene in piccoli tini di castagno dove il
vino continua ad affinare per circa 8 mesi dopo la svinatura. Rubino, all’olfatto
risulta pulito e molto interessante dove spiccano sentori fruttati di mora e
frutti di bosco ma anche di liquerizia e pepe nero. Al gusto è deciso, corposo
e strutturato con un tannino deciso e ben estratto il tutto racchiuso in un ottimo
equilibrio. Un vino pronto ma sicuramente interessante anche tra diversi anni.
A malincuore ho
concluso la visita sia per la stupenda accoglienza del titolare nonché
l’estrema disponibilità sia per la bellezza della realtà aziendale che ho
potuto conoscere così come i vini degustati ma soprattutto per il magnifico
territorio che purtroppo dovrò portarmi alle spalle.